Monti principali

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Il Montarlone (1501 m) è una delle vette principali del contrafforte che separa la Val Trebbia dalla Val d’Àveto; non è la cima più alta, poichè il Monte Oramara lo supera di una ventina di metri, ma è probabilmente la più panoramica ed interessante.
Si eleva solitario, a guardia di una vasta zona praticamente disabitata, ed è riconoscibile anche da lontano per la sua forma triangolare, molto appiattita se vista da est o da ovest. I suoi versanti sono prevalentemente dolci e coperti da folti boschi di faggio (con qualche macchia di conifere); fanno eccezione il versante nord, molto ripido ma comunque boscoso, e il versante est, in cui le rocce basaltiche che formano la montagna affiorano in piccoli dirupi e pareti.
La cima è costituita da una piccola cupola di erba e rocce che emerge di poco dal bosco, ed è sormontata da una croce metallica. Da lassù, nelle giornate limpide, si gode di un vasto panorama circolare: verso sud il panorama è apertissimo verso l’Appennino Ligure, il mare e le Alpi Liguri e Marittime; verso est si riconoscono tutte le vette della Catena dell’Àntola dal Monte Prelà al Monte Pénice (e tra i monti Lésima e Alfèo spunta il Gran Paradiso); verso nord, in fondo ai profondi solchi della Val d’Àveto e della Val Trebbia, spunta un buon spicchio di Pianura Padana, con l’arco alpino (Monte Rosa, Monte Disgrazia, Bernina, Monte Baldo) a farle da sfondo; verso est si elevano maestosi i monti Roncalla, Ràgola, Maggiorasca, Penna e Aiona, mentre più lontano spuntano il Monte Molinàtico e gran parte del crinale dell’Appennino Tosco-Emiliano.
Il toponimo deriva probabilmente dal locale montar lou, cioè “monte del lupo”; nella zona, effettivamente, si trovano altri toponimi che indicano la presenza dell’animale, come il paese di Lovari e i Groppetti del Lupo, che si trovano sul crinale Trebbia-Àveto poco più a nord-est. La cacofonica forma “Monte Montarlone” che si ritrova su praticamente tutte le carte è quindi errata, in quanto il termine “monte” è già inserito nel nome.
 
Fonte : montarlone
 
Il Monte Oramara (1522 m), detto anche Monte Oramala, è la cima più alta del contrafforte che divide la Val d’Àveto dalla Val Trebbia, tuttavia ancora meno frequentata di altre cime vicine come la Rocca Bruna e il Montarlone. È una montagna imponente, a forma di ampio trapezio, dai versanti in gran parte coperti di boschi. Solo il fianco sud-est, rivolto verso gli aperti pendii dove si trova il paese di Vicosoprano, è ripido e spoglio, in parte costituito da scarpate di rocce in sfacelo, in parte da erte praterie; questo impervio versante è noto localmente come Costa dello Scarrubbio.
La cima della montagna è fatta a cresta allungata, su cui si trovano piccole radure e boschetti di faggio; il punto più alto è segnalato da una grande croce in legno, visibile anche dal paese di Vicosoprano (se si aguzza un po’ la vista). Dalle radure sommitali si hanno begli scorci sull’Appennino circostante, con buona parte della Catena dell’Àntola da una parte e dei monti della Val d’Àveto (dal Monte Aiona al Monte Crociglia, con dietro l’isolato massiccio del Monte Ràgola) dall’altra.
Il toponimo è di origine controversa: secondo alcuni indicherebbe un punto panoramico, ma pare strano, in quanto la visuale dalla vetta non è particolarmente vasta; altri danno invece il significato di “pascoli alti”, riferendosi a termini liguri prelatini.
 
Fonte : Oramara
 

Monte Gifarco 1381 m – Rocca Bruna 1420 m

Lungo il contrafforte che divide la Val Trebbia dalla Val d’Àveto, tra il Passo del Fante e il Passo di Esola, si eleva un piccolo massiccio montuoso di rocce ofiolitiche; esso culmina con molte piccole cime, rocciose o boscose, disposte a V rovesciata rispetto alla valletta del Rio Libbietto.
Proveniendo dal Passo del Fante, la prima cima che si incontra è il Monte Gifarco (1381 m); si tratta di una caratteristica guglia basaltica alta un’ottantina di metri, che emerge dalle faggete con severe pareti verticali. Per via della sua forma curiosa, che ricorda vagamente il Pan di Zucchero di Rio de Janeiro, è ben riconoscibile anche da lontano. L’aerea cima, raggiungibile solo dal versante nord per uno scomodo canalino tra le rocce, è sormontata da una curiosa croce di vetta, fatta a “spada nella roccia”. Sulla vetta si osservano alcuni scavi con resti di piccoli muretti; sono le rovine di un’antica postazione di vedetta risalente all’epoca dei Fieschi, che veniva utilizzata dai doganieri per controllare il traffico sulla sottostante mulattiera del Passo del Fante.
Subito a nord rispetto al Gifarco si trova la piccola piramide della Rocca Bruna (1420 m). Si tratta di una vetta spoglia, costituita da peridotiti bruno-rossastre che le hanno dato il nome. Il versante orientale della montagna, rivolto verso la Val d’Àveto, è decisamente poco appariscente: un pendio inclinato di rocce rotte e praticelli; il versante occidentale invece si affaccia sulla Val Trebbia altissimo e imponente: la parte inferiore è costituita dai ripidi contrafforti in sfacelo delle Rocche del Mago, mentre la parte superiore è una vera e propria parete verticale di roccia brunastra, alta una settantina di metri. Dalla vetta della Rocca Bruna, segnalata da un ometto di pietre, si osserva un vasto panorama sulle valli Àveto e Trebbia, sulla Catena dell’Àntola, e sui monti della Val Fontanabuona con il mare sullo sfondo da una parte e le Alpi dall’altra.
Poco distante dalla Rocca Bruna, si trova il punto nodale di quota 1407: da questa piccola gobba boscosa si dirama verso sud-est un breve contrafforte su cui sorgono le cime più alte del piccolo gruppo montuoso. Per prima si trova una cima senza nome (1436 m) a forma di cono, che è proprio il punto più elevato; poi il contrafforte si eleva ancora nella Rocca dei Cani (1429 m), un imponente cupolone di boschi e dirupi rocciosi che domina l’abitato di Rezzoaglio. Purtroppo entrambe le cime sono coperte dai boschi, e per questo non offrono alcun panorama e sono trascurate dai percorsi segnalati.

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